ORA BASTA, perché la misura è colma! Questo è un grido di rabbia, di indignazione, di fastidio.
E’ un urlo che proviene dal cuore e dal cervello, che esprime uno stato d’animo esacerbato e furibondo.
L’opinabile ridondanza di punti esclamativi è voluta, assolve ad una funzione strumentale idonea a trasferire ad un concetto espresso per iscritto una sonorità tale da renderla acusticamente percettibile a chi legge, perché veramente non ne possiamo più!
La campagna comunicativa da tempo messa in atto per colpire il Pubblico Impiego sta assumendo contorni assurdi e inaccettabili, trasformandosi in un vero bombardamento mediatico che solleva inquietanti interrogativi sul rapporto politica-media. E invece di parlare delle colpe di larga parte della politica, che ci sta portando lentamente a combattere una guerra che di fatto ci ha tolto la sicurezza quotidiana, che di fronte alla questione delle banche sceglie di stare dalla parte dei più forti a danno dei deboli, in questi giorni l’argomento preferito dai media è costituito dai dipendenti pubblici. I lavoratori del pubblico impiego, infatti, sono di nuovo alla ribalta e lo sono occupando nei giornali, nei telegiornali, nei talk show e nei salotti televisivi spazi talmente ampi da instillare nell’opinione pubblica il convincimento che i problemi di cui sta parlando corrispondano ad un fenomeno di vasta scala, di per sé determinante per il futuro del Paese….
Un caso più che esemplificativo è quello della puntata della trasmissione “La Gabbia”, andata in onda il 13 gennaio u.s. su “La7”. Dopo la proiezione del filmato sugli inqualificabili comportamenti di alcuni lavoratori del Museo della Arti e delle Tradizioni Popolari di Roma, colti in flagrante nel corso delle indagini dei Carabinieri, il dibattito è stato introdotto utilizzando, tra l’altro, l’affermazione “I sindacati coprono i furbetti del cartellino” …. Ebbene, queste asserzioni non corrispondono al nostro pensiero e sono gravissime, soprattutto in considerazione del fatto che la televisione costituisce lo strumento di comunicazione di massa per eccellenza e che la distorsione delle
informazioni diventa assolutamente pregiudizievole per l’opinione dei cittadini. Ed in tale contesto, ci hanno sicuramente seccato e disturbato le parole e l’atteggiamento sul tema del lavoro pubblico di personaggi come Enrico Zanetti, sottosegretario all’Economia, rappresentante di un Partito – Scelta Civica – che appare un contenitore vuoto e che, con la percentuale di elettori che rappresenta, è largamente al di sotto della soglia di sbarramento per entrare in Parlamento. Siamo convinti che un potere come quello dell’informazione televisiva vada gestito con maggiore consapevolezza. Si tratta di uno strumento da maneggiare con più cautela. Persone che non hanno alcuna competenza, cui molto spesso viene data la possibilità di straparlare a vanvera su temi delicati che richiedono la conoscenza non solo dei fatti ma anche di altri fattori ed elementi, anche giuridici, non costituiscono affatto un bene né per la correttezza dell’informazione né per il Paese.
Non mettiamo in dubbio che gli interlocutori che intervengono in una trasmissione debbano poter essere i portavoce di opinioni divergenti, anche del tutto opposte, al fine di dar vita ad un confronto che consenta a chi guarda e a chi sente di farsi un’idea ma – santo cielo – contrapporre a persone di comprovata competenza i cosiddetti “opinionisti”, ovvero quella schiera di tuttologi retribuiti per urlare frasi banali e sconnesse mentre gli altri stanno educatamente parlando, spesso anche a supporto di conduzioni partitiche, costituisce ormai una prassi insopportabile, un’abitudine di cattivo gusto che non può che suscitare legittimi interrogativi.
Comunque un fatto è certo! Questi “furbetti” non hanno mai trovato sponda presso il nostro Sindacato, il quale tutela i diritti dei lavoratori e, in quanto tale, li tutela anche rispetto a tali gravissime situazioni che contribuiscono a gettare discredito sull’intera categoria dei dipendenti pubblici. Tuttavia, a differenza di taluni personaggi politici, il Sindacato non gode degli stessi privilegi mediatici e deve faticare non poco per poter fare emergere fatti e verità, soprattutto quando questi diventano strumentali ad un certo modo di fare politica!
La Uilpa non copre nessuno, semplicemente ha fatto e continua a far notare che le norme che consentono di licenziare i lavoratori pubblici esistono già, andrebbero solo opportunamente corrette ed, in particolare, integrate da una espressa previsione normativa che consenta di rimuovere la responsabilità patrimoniale dei dirigenti che hanno disposto il licenziamento in caso di assoluzione o reintegro, una clausola che, obiettivamente, costituisce un elemento inibente rispetto all’assunzione di certe decisioni.
E ciò costituisce la riprova che l’annuncio salvifico di Matteo Renzi sul licenziamento del dipendente pubblico entro 48 ore non può che essere classificato per quello che realmente è … un nuovo spot elettorale!
Ora, fermo restando che si tratta di un’affermazione ridicola poiché in una società civile la Giustizia consente anche al peggiore dei delinquenti e degli assassini di esercitare il diritto alla difesa, noi vorremmo dire al Premier e al ministro Madia che non abbiamo nulla da obiettare, la Uilpa non difenderà mai i lestofanti e che non si potrà mai affermare che la nostra sigla è contro il licenziamento e contro il buon funzionamento dell’amministrazione, perché, caro Matteo, queste cose noi le abbiamo dette molto prima di te!
Sarebbe, invece, ora che con la stessa celerità – ossia 48 ore - il Presidente del Consiglio dei Ministri intervenisse per sanzionare l’assenteismo parlamentare e recedesse, altresì, dal suo abuso costituzionale, visto che in questo momento è lui che sta commettendo una infrazione, eludendo una sentenza della Consulta! Insomma ci aspetteremmo che con la stessa solerzia il premier decidesse di riconoscere il sacrosanto diritto ad un rinnovo dei contratti pubblici serio, dignitoso ed adeguato!
Noi dobbiamo prendere atto delle politiche scellerate che questo Governo ha posto in essere nei nostri confronti e ripagarlo con la stessa moneta! Quando, tra qualche mese, la politica ci chiederà il nostro consenso, noi non dovremo mai dimenticare né la scelta di averci negato il contratto né quella di eludere la revisione di un sistema pensionistico che, di fatto, ci nega il diritto ad un futuro degno di questo nome. Ormai, il presunto “fannullonismo” dei dipendenti pubblici costituisce un cavallo di battaglia di Matteo Renzi, alla stregua di quello che, in un passato non troppo lontano, aveva portato in sella l’ex Ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta il quale, cavalcando un’onda anomala e producendo un quadro distorto e fuorviante del mondo del lavoro pubblico, si era costruito un alibi pretestuoso per produrre una riforma devastante e priva di ogni logica, che ha mortificato e svilito la professionalità degli operatori del servizio pubblico, con conseguenze nefaste per i lavoratori e per la qualità dei servizi offerti al cittadino.
L’attuale Capo del Governo, Matteo Renzi, sta combattendo una battaglia personale e senza precedenti nella storia della Repubblica nei confronti dei lavoratori pubblici e di coloro che li rappresentano.
E considerato che non possiamo non ritenere che ad un atteggiamento tanto ostile e astioso sia sottesa una logica di interessi superiori, siamo ancora di più infastiditi e arrabbiati. Si tratta di ragioni di Stato, che mirano allo smantellamento della Pubblica Amministrazione, alla compressione dei diritti, al dissesto del sistema pubblico che garantisce i servizi alla collettività: istruzione, legalità, giustizia, welfare, sicurezza e soccorso pubblico, ecc. ecc. Ma in nome di cosa? Di interessi noti e meno noti che intendono dirottare la macchina pubblica verso la strada della privatizzazione, accollando sulla collettività i costi di servizi che oggi vengono garantiti e assicurati gratuitamente e con la competenza di personale specializzato.
E’ quanto mai curioso che episodi sporadici, come i fatti di Sanremo o quelli di Salerno, siano assurti al rango di avvenimenti di elevata rilevanza nazionale, tanto da richiamare nei salotti televisivi, ripetutamente e per un orizzonte temporale oltremodo dilatato rispetto agli accadimenti, esperti illustri ma anche meno esperti, che poco hanno da aggiungere ai fatti contestati se non chiacchiere e maldicenze, offensive per tutto il mondo del lavoro pubblico. Un vaniloquio senza senso, un cicaleccio povero di contenuti che non produce nulla di utile e produttivo per alcuno se non per il Governo, a cui invece porge l’alibi per continuare a sottrarsi al dovere di rinnovare il contratti del pubblico impiego, scaduti ormai da quasi sette anni!
E’ del tutto evidente che episodi come quelli di Sanremo o di Salerno vengono utilizzati artatamente per colpire un’intera popolazione lavorativa e le sue rappresentanze sindacali, che non solo sono estranee a tali vicende ma sono anche le prime a prendere le distanze da fatti così gravi ed incresciosi. Le pecore nere vanno individuate e punite, unitamente alle responsabilità dirigenziali e politiche che hanno consentito l’incancrenirsi di situazioni perseguibili anche penalmente.
I media danno ampio risalto a episodi che anche noi condanniamo senza possibilità di appello. Nei salotti televisivi regna il “Dagli all’untore!” nei confronti dei dipendenti pubblici ma nessuno parla di numeri. I dipendenti che per vari motivi sono finiti sotto accusa in tutta la Pubblica Amministrazione, lo abbiamo detto più volte e lo ribadiamo, costituiscono circa lo 0,2% dell’intera platea dei lavoratori, una percentuale “fisiologica” in tutto il mondo del lavoro.
E, se i comportamenti scorretti compiuti da una minuscola parte del segmento pubblico diventano “notizia” da prima pagina offuscando il lavoro svolto quotidianamente dal rimanente 99,8%, siamo ancora più convinti che molto dell’inchiostro utilizzato dalla carta stampata e dello spazio dedicato nei salotti televisivi abbiano come fine proprio quello di dare risalto a certe situazioni paradossali e facciano parte di un gioco sottile, sotteso ad avallare le scelte filo-governative per motivi che sicuramente rispondono a delle logiche con cui possiamo vantarci di non avere alcuna confidenza.
Purtroppo è una storia che si ripete! Ogni qualvolta si parla di rinnovi contrattuali, si scatena la pubblicità regresso del pubblico impiego. Giornali, web e televisioni iniziano il bombardamento mediatico sulle cattive abitudini del travet, con l’evidente intento di imprimere nell’immaginario collettivo la figura del dipendente pubblico disonesto e fannullone.
E’ ORA DI DIRE BASTA!
Noi condanniamo, senza alcuna attenuante, tutti quei dipendenti truffaldini che hanno posto in essere comportamenti illegittimi, fraudolenti e disonesti. Anzi, come ha già ufficialmente affermato Carmelo Barbagallo, la UIL si costituirà parte civile in tutti i procedimenti a carico di questi pseudo lavoratori! Ma, allo stesso modo, pretendiamo rispetto perché – è sempre bene ricordarlo – tali casi riguardano una percentuale irrisoria di lavoratori. E non dobbiamo consentire a nessuno che tali episodi incresciosi e deprecabili diventino lo specchio di una realtà enorme come quella della P.A., dove 3 milioni di persone quotidianamente assicurano i servizi alla collettività,
nonostante siano senza contratto da sette anni, nonostante i tagli al salario accessorio, nonostante le norme penalizzanti che, grazie agli ultimi governi, regolano il rapporto di lavoro, nonostante le carenze di organico che le costringono a carichi di lavoro enormi, nonostante l’elevata età media. Eppure, nonostante tutto ciò, la macchina pubblica cammina e va avanti e noi vorremmo solo che, invece di imbastire queste manfrine, il Governo si impegnasse affinché, attraverso la tempestiva riapertura dei tavoli di contrattazione, si possa riavviare un confronto serio e costruttivo con le rappresentanze dei lavoratori, finalizzato al miglioramento del servizio pubblico ed all’innovazione.
Se le notizie che riguardano un manipolo di lavoratori disonesti e impostori vengono continuamente riproposte per riattizzare il fuoco delle polemiche, vorremmo anche che le notizie concernenti la corruzione, le indagini, gli atti illegali che riguardano gli
amministratori pubblici e spesso i politici abbiano la stessa rilevanza mediatica e non vengano messe subitaneamente a tacere!
E come noi non abbiamo la cattiva abitudine di generalizzare quando questi fatti si riferiscono ad esponenti della politica, vorremmo godere di altrettanto rispetto!
Per tali motivi, continuiamo ad apprezzare sempre di più quelle rare voci che non si uniformano al coro, quelle opinioni ancora connotate da libertà di espressione ed obiettività, che ci piace cogliere e rilanciare. L’editoriale del 16 gennaio u.s. di Mario Calabresi, nuovo Direttore di Repubblica, ci ha piacevolmente sorpreso! Sapere che c’è ancora chi intende portare avanti un giornalismo “che può fare la differenza”, convinto che un giornale “deve aver ogni giorno l’ambizione di camminare accanto al suo lettore per aiutarlo a distinguere i segnali più importanti nel rumore di fondo in cui viviamo immersi e di offrire contesti che permettano di leggere con chiarezza gli eventi quotidiani” ci rincuora non poco. Calabresi fa notare che “così come dobbiamo indignarci per i dipendenti pubblici assenteisti, infedeli o corrotti abbiamo anche il dovere di sapere che accanto a loro ci sono migliaia di persone che tengono in piedi le Istituzioni con passione e onestà”.
Bene, vorremmo che una tale onestà intellettuale fosse più diffusa, tra tutti i media e tra tutti i politici!
Abbiamo bisogno di una politica seria, che abbia veramente a cuore il destino del nostro Paese, che metta giù le mani dalla Pubblica Amministrazione. E allora, non possiamo che ribadirlo! Tra qualche mese, la nostra scelta dovrà mettere fuori combattimento tutti coloro che hanno dimostrato di non agire nell’interesse del Paese ed hanno offeso la dignità del lavoro pubblico.
In questo Paese, la parte sana supera abbondantemente la parte marcia! Noi siamo certi che, solo attraverso il pieno coinvolgimento di tutti, possiamo fare molto per restituire alla nostra Repubblica quei valori costituzionali - lesi e vilipesi - di democrazia, di legalità, di giustizia sociale, di rispetto per il lavoro, necessari alla ripresa, allo sviluppo ed alla competitività della Nazione!
IL SEGRETARIO GENERALE
Nicola Turco