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Riceviamo da un iscritto e volentieri pubblichiamo la lettera aperta di un collega iscritto:

Per cambiare serve una netta rottura con la politica della concertazione. Bisogna rilanciare il conflitto e la lotta e costruire le basi per una piattaforma rivendicativa basata sulla vera urgenza del paese. IL LAVORO

La mia attività lavorativa comincia in coincidenza con una stagione delle lotte degli inizi degli anni 70. Fu la stagione di mobilitazioni per la riduzione dell'orario e per l'aumento dei salari per la democrazia, la partecipazione dei lavoratori e la loro votazione su piattaforme, accordi e contratti.

Quelle lotte, fatte con i picchetti fuori dalle fabbriche che portarono alla conquista di importanti strumenti di rappresentanza nei luoghi di lavoro.

Cito l’art. 20 dello Statuto dei lavoratori per il diritto di assemblea, l'elezione dei consigli di fabbrica, e, naturalmente tutto l’insieme dello Statuto dei diritti dei lavoratori; tutti diritti che negli ultimi anni siamo stati chiamati a difendere dalle incursioni e dagli attacchi dei governi da Berlusconi ad oggi.

Serve uno sforzo straordinario oggi serve un sindacato che proponga un modello alternativo a quello europeo della spendig review e che si opponga alle “ristrutturazioni” lineari lasciando intonse tutte quelle politiche delle poltrone negli enti e nelle partecipate e dei lavori affidati all’esterno vinti con appalti farsa utili solo ai grandi gruppi e alle grandi Associazioni Temporanee di Impresa!

E' una sfida ardua perché “il rosario delle sconfitte sindacali” è lungo; il lavoro precario è diventato legge.

Gli accordi sindacali sono diventati un rito del passato ed il blocco degli stipendi nel settore pubblico per dieci anni è il segno più eloquente di questo sistema.

Sicuramente non siamo ancora ai livelli della FOXCONN, quella fabbrica cinese con 1 milione di lavoratori che assemblano telefonini chiusi da reti alle finestre per impedire i suicidi, e non siamo neppure dipendenti della WALMART la catena di grandi magazzini americana con 1 milione di dipendenti e nessuna rappresentanza sindacale, ma questo non è nemmeno il nostro orizzonte.

Il sindacato ha radici talmente forti nel popolo italiano da rendere difficile una sua sparizione, ma solo se ci crediamo; il sindacalismo è nato ormai cent’anni fa con le leghe dei braccianti o la gioventù operaia, è nato con sangue passione e sacrificio, … ma è ancora quello?

Se lasciamo da parte quella parte di dirigenza che ha preso le sembianze di una casta burocratica e quei sindacalisti che ora hanno i culi sulle poltrone della politica, il sindacato è ancora quello, ma credo sia indispensabile che non solo delegate e delegati, ma anche iscritti e non iscritti provino a riprendersi il sindacato.

Perché il Sindacato SIAMO NOI.

Vogliamo un sindacato sul tipo IG Metal tedesco negli uffici del quale si decide anche di che colore saranno le prossime BMW o quanti giorni a ISCHIA potrà fare la Merchel; e negli uffici del quale si dettano le linee alla politica … anche della Merchel!

Facciamo appello a tutte e tutti coloro che non accettano l’attuale stato di cose affinché si attivino per condividere un percorso di cambiamento dal basso riprendendoci con forza le ore di distacco dei nostri delegati perché senza rappresentanza sindacale dal basso è difficile poter combattere lo strapotere degli interessi della dirigenza politica ed economica.

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